I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA. Al “crocevia” della DC, sbuca Segni Fu eletto Presidente al quinto scrutinio, frutto di una lunga mediazione tra le varie “anime”

Antonio Segni salì al Quirinale il 6 maggio 1962 soltanto al nono scrutinio, dopo che all’ottavo era mancato il quorum di 428 preferenze della maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento. Al nono scrutinio conquistò 443 preferenze che gli valsero l’elezione a primo cittadino italiano.
IL CROCEVIA DELLA DC. Un’investitura frutto di una gestazione estremamente complessa, non solo in quanto venne raggiunta dopo cinque giorni di votazioni, ma perché rappresentò un crocevia molto delicato per i futuri piani politici della Dc.
Infatti, il partito di maggioranza relativa vide in quell’anno il sopravvento della corrente morotea con Aldo Moro e Fanfani a guidare un nuovo corso, fatto di governi di coalizione di centro-sinistra assieme al Psi. La scelta creò, come facilmente pronosticabile, molti malumori all’interno dell’area conservatrice, di cui Segni fu uno dei leader più in vista, così come per gli USA e per il Vaticano: quest’ultimo, come raccontano Mammarella e Cacace, lavorò a stretto contatto con Fanfani per il tramite del Segretario di Stato vaticano, Giovan Battista Montini, (futuro Papa Paolo VI) in modo da cercare la quadra sul nome di Segni. Moro, cercando di mantenere intatta la sua leadership, cercò di mediare proponendo Segni al Quirinale come contropartita, ma vi furono ostruzionismi di vario genere a partire dalle sinistre che votarono inizialmente compatte per Saragat e per i non morotei spaccati su Gronchi, deciso a ottenere la conferma ma mai vicino ad una soglia alta di voti, e Merzagora.
LA STORIA. Antonio Segni divenne Presidente del Consiglio nel 1955 da parte dell’allora Presidente Gronchi a seguito della caduta di Scelba. Questo esecutivo venne definito da molti come un governo di “mediazione” delle varie anime della Dc, che in quel periodo era ancora alla ricerca di una quadra entro la formula centrista quadripartitiche e nel il dialogo con il Psiup e Psi.
L’ELEZIONE. L’insediamento al Quirinale durò solamente due anni fino all’attacco di trombosi cerebrale che lo costrinse alle dimissioni nel 1964. Ma nel breve lasso di tempo la sua prassi diede un contributo significativo al modellamento costituzionale della prima carica dello Stato. In particolare, Segni potenziò molto il potere di rinvio delle leggi, riuscendo a rinviare ben otto volte (considerando solo due anni di mandato) e evidenziando come il Presidente abbia un ruolo cruciale nel controllo della copertura finanziaria delle leggi e degli atti aventi forza.
UN FINALE INATTESO. Il triste epilogo del suo mandato venne a posteriori considerato come pronosticabile quanto meno nelle ragioni più che, chiaramente, nell’evento in sé. Si parlò, all’epoca, di un malore accusato dopo una violenta discussione con Saragat, poi smentita più volte.
Sul punto si segnala come il recentissimo libro del figlio Mario Segni, intitolato Il colpo di Stato del 1964: la madre di tutte le fake news (Rubbettino editore), potrebbe raccontare qualcosa di nuovo sugli avvenimenti di quei giorni e sulla campagna giornalistica scatenata dall’Espresso di Eugenio Scalfari nei confronti di Antonio Segni e sul suo presunto coinvolgimento con il Piano Solo e con il Generale De Lorenzo. Segni fu costretto a dimettersi nel ‘64 per ragioni di salute.